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Per dire

LA STRADA
Ho pensato a lungo prima di decidere se pubblicare questa nota, perché l’argomento è talmente vasto e talmente inflazionato che mi sembrava impossibile riuscire a risolverlo in poche pagine e soprattutto riuscire a dire qualcosa d’interessante. Si è scritto tanto sulla Street Photography e si continua a scriverne quotidianamente, oscillando tra entusiasti e detrattori, tra «è l’unica vera fotografia» e «è un genere che non esiste, è solo una moda perché è alla portata di tutti».
Chiarisco subito che secondo me la fotografia di strada non è un genere fotografico ma un atteggiamento mentale di approccio alla fotografia, sia da parte del dilettante che del professionista un modo di vedere il mondo e di fare fotografia, che non può essere codificata da nessuna regola, né di forma né di contenuto.
Se mettiamo da parte il reportage o il fotogiornalismo, che pure sono terreni di confine con la foto di strada per i quali c’è una programmazione per coprire un evento, ci rendiamo conto che la foto di strada è l’unico genere fotografico per il quale non esiste una programmazione: io esco con la fotocamera e vado per strada perché ho voglia di fotografare la vita, ho bisogno di fotografare la vita, come il pescatore che esce con canna ed esche perché ha voglia di pescare. Non so se fotograferò (difficile però che ciò non avvenga), non so quanto fotograferò, non so cosa fotograferò, non so se porterò a casa almeno uno scatto buono. Ma avrò passato un’ora, una mezza mattinata, un giorno intero a fare quello che mi piace: fotografare. Come il pescatore. Esco di casa “per fotografare”, non per fotografare “quella cosa lì”. Le gambe vanno da sole, gli occhi cercano i soggetti che gli verranno incontro (riusciranno a vederli?), la mente è vigile e curiosa.
La foto di strada è foto veloce, foto d’istinto, foto d’intuito, foto di previsione, è un collage di momenti, è foto di inconsapevole consapevolezza” è foto libera, non programmata, guidata dalla passione e lontana da esasperati tecnicismi, è una fotografia che fa a meno di apparecchiature importanti (ma di qualità sì, potendo, altrimenti pazienza).
La foto di strada non si fa soltanto in strada, ma anche in luoghi chiusi: mercati, aeroporti, stazioni, grandi magazzini, centri commerciali, tanto che è stato inventato, per definire gli scatti fatti in questi luoghi, l’ossimorico neologismo di “indoor street photography”. Si può fare street photography anche facendo il servizio di un matrimonio.
Molti sostengono che fare street photography sia la cosa più facile del mondo: basta andare in strada e fotografare la gente. Non c’è bisogno di grande competenza né di grandi capacità. A costoro bisogna rispondere che stanno dicendo che per fare un quadro cubista come Picasso è sufficiente disegnare una figura umana un po’ spigolosa e con naso, occhi e orecchie messi fuori posto.
Risata.
Sembra facile la foto di strada probabilmente perché hai bisogno soltanto di un’attrezzatura semplice e di un buon paio di scarpe, però per fare foto di strada devi avere solide basi di fotografia, di composizione, di inquadratura, di capacità di sfruttare le luci, basi talmente solide che ne applichi i principi fondamentali come istintivo riflesso condizionato, anche se spesso ti permetti di fregartene.
Più fotografi per strada più ti accorgi, dopo a casa, guardando le foto, di avere colto nell’inquadratura qualcosa di bello, d’importante, di qualificante, che non avevi visto al momento dello scatto, capita decine, centinaia di volte. Ma non è vero! Non è vero che non l’avevi visto! Semplicemente non ti eri accorto che lo vedevi, eccome se lo vedevi, eccome se lo avevi visto!
Lo vedeva il tuo istinto, lo vedevi grazie al tuo allenamento, lo aveva visto il tuo cervello e la tua intuizione, la tua predisposizione mentale, una inconsapevole attrazione fatale, ma nel frattempo scattavi e magari pensavi già alla foto successiva.
Il processo di banalizzazione e di imbarbarimento della cosiddetta street photography “alla portata di tutti” ha portato a vedere eserciti di sedicenti streephers pubblicare foto di gente che cammina, magari ripresa di spalle, spacciate per foto di strada. Così stanno le cose.
Io intanto continuo ad andare in giro, ad andare “per strada” e a fotografare. Che foto faccio, che foto facciamo allora? Come chiamarla invece che Street Photography o Foto di Strada? Può essere utile creare un neologismo che meglio si adatti a questi principi, che meglio descriva e sintetizzi questa filosofia? È un po’ che ci penso:
Forse Fotografia istintuale? Oppure Fotografia immediata? Fotografia dell’immediatezza?, Fotosofia urbana? Fotografia documentaria? Fotografia umana? Fotografia della condizione umana? Fotografia di oggi per domani? Fotografia narrativa? Fotografia situazionale? Quotidiano urbano?
Ecco, forse Quotidiano urbano può essere efficace come denominazione, intendendo un racconto ininterrotto che si sviluppa tra attimo colto, reportage, testimonianza di vita, situazioni, scene.
Quotidiano urbano nella sua normalità, nella sua follia, nella sua originalità, nella sua inconsuetudine, nella sua ricercatezza, nel suo divenire, nei suo momenti topici, e soprattutto pura espressione di instintualità da parte del fotografo. La street photography è una fotografia di gesti e di situazioni, di scene e di momenti, di persone e della loro recita spontanea in quel grande palcoscenico che è la strada o, in genere, qualunque luogo pubblico, è una fotografia che documenta e interpreta in immagini questa recita spontanea.
In strada possiamo fotografare
La vita di tutti i giorni – La normalità – Le stranezze dei comportamenti – L’interazione delle persone tra loro e con l’ambiente – I personaggi – La solitudine – La rabbia – La gentilezza – La cordialità – Lo sbigottimento – L’emarginazione – Il lusso – La miseria – L’accoglienza – La generosità – La solidarietà – Il razzismo – L’ostilità – Le abitudini e le mode – L’ignoranza – La gioia – La tristezza – Il degrado – La sporcizia – L’ordine o il disordine – L’attesa – La violenza – Gli atti di vandalismo – L’eleganza – La fretta – L’operosità – L’amore – L’intimità – La spensieratezza – Il caos – Le tracce del passato – La Street Art, i graffiti, le opere dei writers.
Se è vero che il fotografo di strada non progetta ma esce di casa a fotografare il caso è altrettanto vero che si può comunque lavorare per progetti andando in giro a cercare i soggetti o le situazioni adatte al tema del proprio progetto: se il progetto, ad esempio, è “la solitudine” andrò in giro a cercare gli scatti adatti a descriverla. Ma siccome andando in giro troverò altre cento situazioni interessanti e quindi farò altri cento scatti che nulla hanno a che fare con la solitudine, ecco che un progetto di street photography spesso nasce a posteriori sulla base del nostro archivio selezionando le immagini che possono comporre un portfolio organico; naturalmente sarà indispensabile rendere identificabili per argomenti le foto con un TAG.
Disse Koudelka: « Per me la cosa più bella è svegliarmi, uscire e andare in giro a guardare. Guardare tutto. Senza che nessuno stia lì a dirmi: ‘devi guardare questo o quello’. Io guardo tutto e cerco di trovare ciò che mi interessa, perché, all’inizio, non so cosa potrà interessarmi. Mi succede anche di fotografare dei soggetti che altri troverebbero stupidi, ma che, personalmente, mi permettono di mettermi in gioco».

Viaggio Fotografico in Bangladesh
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